Ben ritrovati,
in via del tutto eccezionale questa settimana Sherazade vi arriva di domenica. Nei giorni scorsi sono andata in Calabria a raccontare la storia di alcune famiglie siriane che vivono in Italia dopo essere arrivate qui, grazie ai corridoi umanitari. Se interessa, trovate il reportage su La Lettura, in edicola oggi e nei prossimi giorni, realizzato in occasione dei 10 anni di guerra in Siria con le immagini di Alessio Cupelli che alla diaspora siriana sta dedicando il progetto Nadab.
E' stato inteso tornare coi piedi per terra, guardare, ascoltare, annusare l'aria e poi mettersi a scrivere. Ed è stato davvero un piacere lavorare con due brave compagne di viaggio come Chiara De Stefano di Intersos e l'antropologa Serena Tallarico, che si sono prese a cuore le famiglie di Camini. Questo piccolo villaggio abbarbicato sulle colline della Locride, con il suo progetto di integrazione e con il suo laboratorio tessile, è la conferma che i sogni, a volte, si realizzano. E che abbiamo davvero bisogno gli uni degli altri.
Sempre sulla Siria vi lascio poi un consiglio di lettura. E' il libro di un amico caro, che non vedo da qualche tempo, ma che sento sempre vicino. Shady Hamadi è infatti tra le voci che meglio raccontano la guerra e i suoi effetti, essendo lui stesso un esule della sua terra. E questa volta per rendere omaggio al suo popolo e alla sua storia ha scelto la formula del dialogo con suo padre in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo.
In apertura invece trovate invece una notizia che riguarda l'Afghanistan. E' la dimostrazione di come un paese altrettanto martoriato abbia bisogno di tutta la nostra attenzione se non vogliamo che a quelle bambine venga strappata di nuovo la voce e la possibilità di studiare.
Infine vi segnalo il progetto di una bravissima fotoreporter, Valentina Sinis. Racconta delle donne che nel Kurdistan iracheno si danno fuoco per fuggire alla violenza domestica. Ho conosciuto Valentina in Nagorno Karabakh e mentre mi spiegava di questo suo lavoro non ho potuto fare a meno di pensare che profili come il suo sono la dimostrazione di quanto sia importante che siano anche le donne, quelle intelligenti e sensibili, a raccontare il mondo. Perché solo così viene fuori una parte della realtà che poco conosciamo.
Vi lascio alla tazza di the con la speranza di ritrovarvi presto.
|
|
Una canzone per le bambine afghane
|
|
|

Immaginate che un giorno qualcuno arrivi e dica alle vostre figlie che non possono più cantare. E' successo settimana scorsa in Afghanistan, dove il Ministero dell'Istruzione ha divulgato una circolare nella quale si vietava alle bambine di età superiore ai 12 anni di cantare in pubblico durante le cerimonie ufficiali.
Immediata è partita una campagna social con l'hashtag #IAmMySong che ha visto in poche ore migliaia di tweet e di video in cui le bambine cantano. Risultato, ieri il ministero dell'Istruzione ha dovuto fare marcia indietro e revocare il divieto.
La notizia arriva mentre i leader afghani stanno negoziando con i talebani per porre fine a decenni di guerra. I colloqui di pace in corso a Doha hanno lo scopo di affrontare questioni come i diritti delle donne e delle minoranze, ma le due parti non hanno ancora discusso ufficialmente questi punti. Molti attivisti della società civile e dei diritti umani temono che se le due parti accettano un governo che condivide il potere con i talebani, i passi in avanti fatti sulla parità di genere e sui diritti delle donne potrebbero essere cancellati da un colpo di spugna.
Sotto i talebani negli anni '90, le scuole femminili afghane sono state chiuse con la forza e tantissime sono state le donne uccise perché osavano insegnare, come mi ha raccontato un'attivista coraggiosa quale è Malalai Joya. «Non permetteremo a nessuno di mettere a tacere le nostre voci. Dovremmo difendere il futuro delle nostre figlie», ha scritto su Twitter l'attivista Laila Frogh Mohammadi. Anche i funzionari afghani si sono espressi per criticare il divieto. «Nessun individuo o istituzione è autorizzato a porre limiti ai cittadini di questo paese che contraddice lo spirito della costituzione di questo paese», ha twittato sabato Waheed Omar, consigliere per la comunicazione del presidente Ashraf Ghani. E così le bambine afghane sono potute tornare a cantare. Ma per quanto tempo?
|
|
|
La violenza domestica e gli abusi fisici sono una questione globale. Ma nelle società patriarcali le donne non hanno alcuna via di scampo se non la sottomissione, e quelle che non possono sottomettersi hanno pochissime alternative. Broken Princess della fotoreporter Valentina Sinis è la storia di donne del Kurdistan iracheno che hanno cercato di sfuggire alla violenza dandosi fuoco. Coloro che sopravvivono si ritrovano con terribili cicatrici fisiche e ancora più profondi segni psicologici: si rammaricano della loro scelta ma hanno una struttura sociale molto limitata su cui appoggiarsi per il recupero. Con poco sostegno o visibilità, si trovano in un posto che è peggiore, se possibile, di prima. Il progetto di Valentina Sinis - vincitrice di Female in Focus 2020, un premio internazionale che riconosce lo straordinario contributo delle donne alla fotografia contemporanea - è stato realizzato utilizzando fotografia, video e testo. Un approccio narrativo equilibrato: inquadrature quotidiane, sogni, sofferenze, ricordi, associati al racconto del contesto quotidiano. E l'obiettivo di questo lavoro è dare una speranza a queste donne.
|
|
|
|