Dovrebbero leggerla tutti questa inchiesta che ha pubblicato il New York Times. Quello del traffico d'organi è un tema complesso che attira molto la curiosità ma che difficilmente viene trattato con serietà. Ora il New York Times lo affronta in un contesto particolarmente difficile, l'Afghanistan. Secondo quanto raccontano Adam Nossiter e Najim Rahim (le fotografie sono di Kiana Hayeri), il business illegale dei reni sta esplodendo nella città occidentale di Herat, dove per il Loqman Hakim Hospital, i trapianti sono un grande affare. I funzionari si vantano di aver eseguito più di 1.000 trapianti di reni in cinque anni, attirando pazienti da tutto l'Afghanistan e dalla diaspora afghana globale. La struttura pubblicizza operazioni a prezzi scontati a un ventesimo del costo delle stesse procedure in un Paese occidentale.
In Afghanistan, come nella maggior parte dei Paesi, la vendita e l'acquisto di organi è illegale, così come l'impianto di organi acquistati da medici. Ma la pratica rimane un problema mondiale, in particolare quando si tratta di reni, poiché la maggior parte dei donatori può convivere con uno solo. I resoconti della vendita di organi risalgono agli anni '80 in India, secondo le Nazioni Unite, e oggi la pratica rappresenta circa il 10% di tutti i trapianti globali. L'Iran, a meno di 80 miglia da Herat, è l'unico Paese in cui la vendita di reni non è illegale, purché le parti siano iraniane.
«In Afghanistan tutto ha un valore, tranne la vita umana», ha spiegato il dottor Mahdi Hadid, membro del consiglio provinciale di Herat. Secondo la Banca mondiale, il tasso di povertà dell'Afghanistan dovrebbe raggiungere oltre il 70% nel 2020, e il Paese rimane in gran parte dipendente dagli aiuti esteri; le entrate nazionali finanziano solo circa la metà del bilancio pubblico. Senza alcuna rete di sicurezza pubblica, l'assistenza sanitaria è solo un'altra opportunità per sfruttare i più vulnerabili.
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