Ben ritrovati,
è l'ultima tazza di the dell'anno ma a me non piacciono le ricorrenze. Non sono tipo da bilanci e credo che sia impossibile farne, a maggior ragione alla fine di quello che è stato, almeno per me, l'anno che dentro di me chiamo delle tempeste e delle rivoluzioni.
In questi giorni c'è un libro che mi è tornato spesso alla mente e cui mi aggrappo. E' L'ultimo viaggio di Sinbad, di Erri De Luca, edito da Einaudi. Il Sindbad di de Luca è una reincarnazione mediterranea del personaggio delle Mille e una notte: un marinaio che ha visto ogni tempesta e ogni bellezza, ma anche le migrazioni primonovecentesche verso le Americhe. È lui a portare i migranti di oggi verso il loro sogno italiano ed europeo. E loro, questi nuovi migranti, riempiono la sua storia di nuove storie, di sogni, di leggende, di incoscienti atti di coraggio. Poi ci sono Giona, Kohèlet, San Paolo, Sheherazade e altre voci ancora, ad allacciare gli uomini alle parole. E poi, soprattutto, c’è il mare, con la sua forza terribile, i riti propiziatori, la sua generosità inattesa.
Ecco per il prossimo anno io non dico niente (anche per scaramanzia), ma vorrei essere di nuovo Sinbad e navigare in mezzo ad acque tempestose sì, ma con la consapevolezza di non aver mai smesso di inseguire i miei sogni. A voi tutti auguro lo stesso, vi ringrazio di essermi stati vicini in questa avventura.
Di seguito vi lascio una raccolta delle storie che avete letto di più in queste ventitré settimane che siamo stati insieme. Con la speranza che abbiate voglia di ascoltarne ancora.
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Puoi spararmi con le tue parole,
Puoi tagliarmi con i tuoi occhi,
Potrai uccidermi con il tuo odio
Ma io di nuovo come l'aria mi solleverò
(Maya Angelou)
Fatima Khalil aveva 24 anni, era sensibile, innamorata della vita. Indossava colori vivaci - per il giorno del suo ultimo compleanno aveva scelto un vestito arancione - e superava tutti sulla pista da ballo, ma aveva paura del buio. Sabato scorso Fatima è stata uccisa con il suo autista in un'esplosione a Kabul, in uno dei continui attentati che insanguinano il Paese, mentre si parla di trattative di pace con i talebani.
Come ha raccontato il New York Times Fatima era nata in Pakistan da una famiglia di rifugiati. Era la sesta figlia di due ex insegnanti. Suo padre aveva aperto un negozio di alimentari a Quetta, in Pakistan, guadagnando a malapena abbastanza per cavarsela. Così, per studiare, Fatima si era spostata prima a Kabul e poi in Kirghizistan, dove aveva conseguito una doppia specializzazione in antropologia e studi sui diritti umani e imparato l'arabo, l'urdu, l'inglese, il russo e le lingue afghane Pashto e Dari.
Era single Fatima e non voleva sposarsi. Credeva in una vita libera in cui poter essere padrona del suo destino senza dover rendere conto a nessuno. Faceva parte di quella nuova generazione di donne afghane che non si sentono vittime e amava così tanto i versi di Still I rise, della poetessa afro americana Maya Angelou, che voleva farseli tatuare. E aveva un sogno: entrare a far parte della Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan. Era riuscita a farsi assumere e aveva appena iniziato quel lavoro tanto cercato, in un ufficio dove i problemi erano tantissimi e i fondi per affrontarli davvero pochi. Ma era felice.
(la foto è di Jim Huylebroek, un fotografo bravissimo che vive in Afghanistan)
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Un'immagine e una speranza
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Cos'è la speranza ? Il poeta libanese, Khalil Gibran ne parlava come di "semi che sognano sotto la neve" e di "fidarsi dei sogni, perché in essi è nascosta la porta dell'eternità".
Vogue Arabia ha chiesto a creativi, fotografi e artisti di interpretare il concetto. Il lavoro che più mi ha colpito di qui è quello di Mous Lamrabat, artista belga.
Lambrat ha spiegato: “Mi ci sono voluti un paio di giorni per avere un'idea sul tema della speranza. Poi il mondo ha iniziato a bruciare. In senso figurato, questo è. La polizia ha ucciso di nuovo i neri; la gente dello Yemen sta morendo di fame; alla sorella di mia madre è stato diagnosticato un cancro al cervello ... Era molto da gestire. Non mi sentivo affatto ottimista. Sono piuttosto sensibile e la mia più grande debolezza è vedere mia madre triste. Normalmente, è da lei che vado quando mi sento in affanno per il dolore nel mondo. Tuttavia, sento che molte persone hanno bisogno di vedere la speranza, provare positività e amore. L'immagine che ho creato è la mia personale definizione di speranza. Quando mi sento senza speranza, vado a trovare mia madre perché la forma più pura di amore è quella che una madre dà ai suoi figli. Una madre non beneficia di nulla quando ti tiene in braccio e dice: 'Non preoccuparti, piccola mia, andrà tutto bene. 'E nessun'altra persona può dire queste parole che ti danno quella sensazione - è incondizionato. È così che ci si sente adesso. Il mondo ha bisogno di un grande abbraccio da una madre e del tipo più puro di amore ".
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